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La buona politica

Sinistra Democratica

Pubblicato sul sito nazionale di SD

7/5/2010

Chiaro, limpido, coerente il comportamento di SD. Uomini e donne che non hanno avuto paura di mettere in discussione potere e poltrone,  che pure avevano e che hanno perso. Potere e poltrone che avrebbero potuto riguadagnare se avessero preso atto di un dato oggettivo:  una sequenza non sufficiente di risultati elettorali per superare gli artificiosi sbarramenti  dei i vari cartelli elettorali che ha contribuito a costruire.

L’unità delle forze della sinistra  è stato il presupposto fondativo di SD, ma avrebbe potuto prendere atto di tutto ciò, senza che nessuno gridasse allo scandalo o al tradimento, e ritornare in quel  luogo che ha sempre lasciato la porta aperta e che prometteva una qualche poltrona da assegnare per il ravvedimento.

SD, a differenza di altri, aveva questa possibilità, questa via d’uscita:  entrare nel PD come corrente minoritaria e, forse, visto le defezioni verificatesi fra i centristi di quel partito, avrebbe persino potuto contrattare e aumentare il suo peso relativo.

Ma la scelta politica di fondare SD guidata da Fabio Mussi, pidiessino convinto fin dalla svolta della Bolognina, si è rivelata seria (perché serie erano e sono le persone che la fecero al congresso di scioglimento dei DS). SD si era posto un obiettivo anche se, dal maggio 2007 ad oggi, di acqua sotto i ponti ne è passata e avrebbe potuto rivedere convinzioni e ordini del giorno, a secondo delle convenienze del momento, soprattutto personali, ma non l’ha fatto!

Claudio Fava, Fabio Mussi e tutti i compagni e le compagne del coordinamento nazionale e i coordinatori regionali si sono rilevate persone serie e coraggiose. Non erano persone che si giocavano la segreteria al congresso di scioglimento dei DS. In quel congresso, la mozione  Mussi era parte di quel  25% di iscritti al partito che non condividevano la scelta di unirsi in un partito con la Margherita.  Non è stato per la frustrazione di una sconfitta congressuale che rifiutarono di aderire. Erano (e sono) compagni che credevano alla irrinunciabilità di una forza che continuasse a rappresentare la sinistra in Italia come forza autonoma e non come corrente di un partito. Se avessero optato per questa seconda ipotesi  avrebbero  concorso, pro quota, alla spartizione di seggi,  poltrone e, quindi, di potere.  Ma non era questa la loro preoccupazione e, prendiamo atto con soddisfazione, che nemmeno oggi lo è.

In alcuni luoghi d’Italia (come il nostro), pochi certamente, SD non solo è  l’unico partito che rappresenta la sinistra, ma addirittura l’unico partito che rappresenta il centro sinistra.

Ma cosa è stata sinistra democratica in questi tre anni?

È stato un luogo in cui ci si è depurati dalle diatribe di un partito, la cui preoccupazione non  era più quella di modificare le condizioni reali del paese, obiettivo che si può (e si deve) perseguire  in qualsiasi luogo si fa politica,  ma di vincere le elezioni.

Sinistra Democratica è luogo della politica vera, altrimenti non si vive per tre anni. Sinistra democratica esiste perché  esiste sul territorio a diretto contatto con la realtà e da qui ricava quel feed back per continuare a vivere. Siamo esistiti anche se era più probabile trovare un’unità di base di sinistra democratica che una federazione provinciale, luogo burocratico dal quale ogni tanto si stacca qualche burocrate che scende in mezzo ai comuni mortali impartisce la sua lezioncina e poi se ne va.

È stato luogo vero e concreto di politica: delle interrogazioni in consiglio comunale, delle pubbliche denuncie sulle piccole caste che si organizzano in ogni paesello, con il supporto di un codazzo servile che fa da piedistallo in cambio un contributo o di incarico a termine, della battaglia sull’ICI, ma anche della raccolta delle firme per abrogare il “lodo Alfano”.

 Sinistra Democratica, laddove esisteva sul territorio, doveva essere sole e non pianeta, doveva vivere di luce propria, del proprio autofinanziamento, non aveva cordoni ombelicali in grado di alimentarla. Sinistra Democratica come luogo della politica praticata e non della politica parlata, della politica come “sostanza” e non della politica come “forma”, come bene dice Fava.

Non un partito,  ma, più che un  movimento,  un unione di affinità elettive;  non un consesso di spartizione visto che a Roma, come a Napoli, come in questo angolo remoto dell’Italia dove SD esiste,  condivide gli stessi problemi di sopravvivenza pratica, e si alimenta  invece della  concreta battaglia che conduce sul territorio.  Forse per questo Claudio Fava (il coordinatore nazionale), in tempi non sospetti (senza elezioni  tra i piedi) è venuto in un piccolo paesino (il nostro), invitato da un’Associazione per rispondere ad alcune domande: A chi e perché  l’illegalità piace? Cos’è la mentalità mafiosa? Perché liberarsi dalla mafia  conviene?

Sinistra Democratica non si è smarrita nemmeno quando il suo sparuto, ma qualificato drappello di europarlamentari (fra i quali il miglior europarlamentare) è stato estromesso dall’ultima istituzione in cui era presente. Un favore che Berlusconi ha ricambiato a Veltroni per avergli consegnato il paese nel 2008. Ma non è bastato l’ultimo atto di cannibalismo tentato dal PD ai danni della sinistra per salvarsi dal disastro in cui, insieme a lui, è piombato il paese, ma Sinistra Democratica non si è fatta cannibalizzare. 

Noi ci fermiamo qui”, disse Mussi:  noi non ci scindiamo, noi scendiamo qui per fare la politica nel luogo in cui la sappiamo fare, sapendo perché lottiamo, sapendo la società che vogliamo. Non la migliore, ma quella possibile della Costituzione, che dice parole chiare sulla laicità dello stato, sulla sua matrice antifascista, sul fondamento della democrazia che è il lavoro.

Sinistra democratica è   un luogo buono per fare politica. Nessuno chiede all’altro “tu da dove provieni?”, perché da tempo ognuno di noi sapeva di aver scelto di far parte di quella sinistra che non litiga ma si confronta: un luogo dove era lecito e gradito avere idee diverse sul “come andare”, ma un luogo in cui nessuno metteva in dubbio “dove andare”.

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